Parco Ranghiasci

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Parco_Ranghiasci_2Tempietto

Parco Comunale, a ridosso di Porta Metauro e all’interno delle mura urbiche, conserva ancora oggi la struttura della prima metà dell’800. Esteso a mezza costa sul Monte Ingino, conserva una scuderia ed un tempietto neoclassico; in alto, un torrione medievale e parte delle mura urbiche. Costituisce un ambito cittadino di alto valore paesaggistico e naturalistico e permette di godere scorci significativi del centro storico.
Realizzato per volontà del marchese Francesco Ranghiasci Brancaleoni tra il 1831 e il 1849.
Agli occhi del viaggiatore frettoloso che visita Gubbio si presentano solamente le emergenze medioevali e le presenze simbolo degli edifici trecenteschi e rinascimentali che rendono quasi rarefatte le trasformazioni operate durante lo Stato Pontificio, che pure dominò la città per oltre due secoli dal 1631 al 1860.
Il palazzo e la villa dei Ranghiasci sono invece un esempio significativo delle molteplici modificazioni operate nel periodo. A metà Ottocento a Gubbio non esistevano giardini antichi da prendere come modelli e da poter trasformare. Unica e splendida memoria a proposito è il giardino pensile dei Duchi di Urbino, che Isabella d'Este, in una lettera inviata a Mantova al marito Francesco Gonzaga, decantava come luogo amenissimo adornato da "un giardinetto con una fontana in mezzo de grandissima recreacione".
All'inizio dell'Ottocento anche questa memoria è ormai sfumata e sopravvivono i piccoli giardini o meglio, gli orti ricchi e semplici contigui ai palazzi, ai quali la nobiltà ogni tanto riserva interventi di restauro e adeguamento al nuovo gusto e alle nuove mode.
Gli echi romani non sono lontani: basti pensare alle architetture ecclesiastiche che dalla ripresa dei motivi borrominiani nella seicentesca chiesa della Madonna del Prato, voluta dal Vescovo Sperelli, daranno ispirazione per le realizzazioni nella capitale. Non un'eco però riferibile al giardino viene a rompere la scansione dei quartieri eugubini iscritti nelle mura cittadine; né a Gubbio, come invece a Urbino, sarà presente un orto botanico.
Cosi il grande giardino dei Ranghiasci viene a costituire, a metà Ottocento, una magistrale innovazione, una passeggiata pittoresca tra la sacra montagna dell' Ingino e via della Ripa. Questa passeggiata è rimasta a lungo ignota alla popolazione della città, pur se costruita con frammenti delle memorie cittadine in una elaborata disposizione di viali, colonne, edifici e l'immancabile "tempietto".
Il grande giardino, della cui estensione e conformazione definitiva si ha una chiara visione dal catasto Gregoriano, ha una breve storia che va dal 1831 alla fine del 1849.
L'area verde non è rielaborata su spazi preesistenti, ma nasce, sotto la spinta di una cultura e di un gusto preciso, dalla volontà di ricreare in zone precedentemente occupate da orti e fabbricati un giardino all'inglese, alla maniera di Goethe, con visuali e cannocchiali ottici, che sottolineano un panorama "pittoresco," spaziando da S. Martino a piazza Grande attraverso la scansione delle torri medioevali tutt'oggi esistenti.
La spinta alla realizzazione del giardino fu data sicuramente dalla moglie inglese di Francesco, Matilde Hobhouse. La Hobhouse era originaria della contea di Bath, figlia di Sir Benjamin e sorella di Lord Broughton. Donna di temperamento, fu amica dello stesso Foscolo che le dedicò le Rime di Petrarca con le parole: "Alla Gentile Giovine Matilde Hobhouse fanciulla". La Hobhouse sposò a Roma nel 1827 l'allora ventisettenne Francesco e presumibilmente quell'anno si reco per la prima volta a Gubbio in occasione della festa dei Ceri. Il fatto è ricordato dal Lucarelli, storico locale eugubino, per altro attendibile nelle sue citazioni: la Hobhouse si sarebbe trattenuta nella città solamente due giorni per poi ripartire con altre signore, non precisate, alla volta di Firenze, seguita un giorno dopo dallo stesso Francesco. L'arrivo dell'inglese a Gubbio destò una certa curiosità per l'ingente dote che si vociferava arrivasse a 60.000 scudi.
Le tracce della giovane donna si perdono nel 1853. Sappiamo che ebbe tre figli: Edoardo-Latino e Federico-Latino, a lei premorti, e Amelia-Latina che si stabili in Inghilterra dove la madre l'aveva portata sin da bambina. Il Moroni le attribuisce l'ispirazione del grande parco o villa, sul quale si affaccia la parte posteriore del palazzo: Ranghiasci vi ha formato altresì ampia e grandiosa villa ad uso inglese per far cosa gradita alla nobile di lui consorte Matilde Hobhouse di tal nazione".